Simone Marelli

Simone Marelli, milanese, nato nel 1991, dopo esperienze lavorative presso alcuni ristoranti stellati di Milano, tra cui Joia e Aimo e Nadia, vola in Gran Bretagna al Waterside Inn di Bray (3 Stelle Michelin) dove rimane per circa un anno e mezzo. L’estate scorsa Daniel Canzian lo richiama in Italia e lo vuole con sé come Sommelier per l’apertura del suo ristorante e dove Simone ha deciso di rimanere per costruire insieme a Daniel un punto importante della gastronomia milanese.

Simone ci racconta, in poche righe, che cosa significa per un ragazzo giovane intraprendere importanti esperienze in Italia e ancor più all’estero.
“Per esperienza personale penso che vedere realtà ristorative al di fuori dell’Italia ti aiuti ad aprire la mente, e ad imparare ad autogestirti al di fuori della tua nazione, imparare una lingua e conoscere una nuova cultura, assorbendo così quanto di più positivo può esistere. Nella mia esperienza inglese al Waterside Inn, ho avuto la fortuna di assistere al passaggio di consegna dell’attività ristorativa “da padre a figlio”, cioè dal fondatore Michel Roux al figlio Alain, che ora gestisce l’azienda di famiglia mantenendo la tradizione gastronomica e lo stile di cucina e di servizio di sempre, molto apprezzato nel Regno Unito. Purtroppo in Italia questo messaggio ancora non é così chiaro e raramente viene preso in considerazione dai figli che non vogliono quasi mai intraprendere l’attività dei loro genitori. Inoltre, ho verificato di persona quanto sia determinante il rispetto dei colleghi sul lavoro: infatti dal lavapiatti allo chef di cucina, dal commis al direttore di sala, non ci devono essere differenziazioni, tutti si devono sentire parte integrante dell’azienda ed essere consapevoli di contribuire al suo successo.
Fondamentali per chi sta a contatto con il pubblico sono il sorriso e la cordialità per tutti i tipi di clientela; bisogna cercare sempre di capire ed accontentare le esigenze del commensale, dimostrando di essere preparati e sicuri di sé, ecco perché mi piace definire i sommelier “psicologi del buon bere”. In conclusione, consiglio a tutti i giovani ed ai colleghi che sono sempre rimasti in Italia, di provare un’esperienza all’estero poiché serve ad aprire la mente ed a perfezionare la propria professione”