ASPI intervista…il Vigneron Luca Leggero

ASPI intervista…il Vigneron Luca LeggeroNella terra in cui vi “portiamo” con questa lettura, nascono i più grandi vini che l’Italia produce, tra Nebbioli, Dolcetti, Barbere, Erbaluce, Arneis, una morfologia molto particolare del territorio, hanno reso possibile il successo vinicolo del Piemonte.
In una zona meno blasonata di Barolo, Barbaresco e Treiso, troviamo un giovane produttore, classe 1990, con obiettivi molto importanti, con conoscenze e studi alle spalle e tanta voglia di mostrare tutta la sua potenzialità.

Luca Leggero, grazie per essere qui. Raccontaci di come nasce l’azienda

Luca Leggero: il progetto a Villareggia nasce in maniera concreta nel 2015 ma la storia di questa azienda è iniziata qualche anno prima. Il mio essere vignaiolo prende forma in queste vigne, appartenute a mio nonno, e prima ancora a mio bisnonno, quando all’età di 15 anni è cresciuta in me la passione per questa attività, iniziando a vinificare in maniera assolutamente hobbistica i frutti regalati dai miei vigneti.

Ricordo con piacere i miei inizi, un giovane ragazzo alla guida di un trattorino degli anni ’70 appartenuto al nonno, lavorazioni totalmente manuali, una piccola cantina storica del ‘400 interrata, da sempre appartenuta alla nostra famiglia

Prima del 2015 però, ricordo piacevolmente il 2011 come il mio “anno zero”, ovvero la nascita di un progetto già di per se molto professionale che sarebbe poi confluito nel piano principale “Villareggia”.

Si trattava di “agricoltura sociale” a Murazzano, un’attività con l’unico scopo di aiuto a persone con difficoltà psichiche, in un vigneto del 1940 posto ad altitudine di 750 metri s.l.m. dove la “viticoltura eroica” la fà da padrone, grazie ai terrazzamenti e alle pendenze importanti presenti.

Nel 2014 iniziammo a dedicarci ad un piccolo appezzamento vicino a Murazzano, un terreno di mezzo ettaro dove a oggi ci prendiamo cura del nostro Dolcetto producendo il vino con denominazione “Langhe Dolcetto”.

Il 2015 ha visto così l’impianto di tutti i vigneti a oggi esistenti, con un grosso sforzo fisico ed economico.

La prima annata prodotta è stata la 2019, appoggiandoci all’attuale nostro collaboratore enologico, mentre l’annata 2021 è stata la prima  completamente prodotta a Villareggia, sede della nuova cantina, riferimento odierno delle vinificazioni.

Ammetto che gli inizi non sono stati tra i più semplici, tra pandemia, gelata storica di Nebbiolo ed Erbaluce nel 2021 e grandinate. Eventi che ci hanno permesso comunque nel 2022 di fare già un passo avanti nella qualità e nella produzione biologica e biodinamica, con metodi di coltivazione che avevo cominciato a studiare già da giovane a 15/16 anni. Grazie a queste conoscenze, negli anni sono riuscito a passare dai pochi metri, quando il tutto era iniziato, per arrivare agli attuali 8 ettari e mezzo.

Ci puoi descrivere il terreno dei tuoi 8 ettari che hai appena citato?

L.L.: La zona del Canavese, soprattutto dove si erge Villareggia ovvero la parte più a sud dell’anfiteatro morenico di Ivrea, è un posto con una storia geologica davvero interessante. 60 milioni di anni fa qui esisteva il mare e circa 5 milioni di anni fa sono iniziati i depositi morenici. Il territorio si suddivide in pianeggiante nella zona più meridionale, mentre salendo troviamo una piccola collina ed entrambe le zone sono completamente moreniche. La peculiarità della pianura è il ricordo della presenza del mare, con presenza di sabbia, per passare allo strato successivo più superficiale in cui troviamo sabbie, pietre e residui morenici. Si tratta di un terreno con difficoltà nella coltivazione dovuto all’abbondanza dello scheletro morenico, pietre molto dure che ci obbligano a mantenere un inerbimento totale, ottenendo una fertilità del suolo in superficie mentre in profondità lasciamo lavorare i microrganismi, che vanno a decomporre la materia organica, cercando di creare un substrato fertile.

Le difficoltà riscontrate in queste tipologie di terreni sono appunto la maggior fertilità superficiale, con violenti stress idrici, ma allo stesso tempo ritroviamo salinità e mineralità che vengono portate nel bicchiere, facendo diventare questa caratteristica una nota distintiva dei vini del Canavese, oltre alla finezza ed eleganza che i vini sabbiosi regalano al prodotto finale.

Negli anni abbiamo notato anche un aumento della struttura nei nostri prodotti rispetto a quando si era iniziato il lavoro. Non nascondo la fatica iniziale per pulire il terreno, dove la raccolta delle pietre in vigna è stata la parte più complicata, tanto che in una fila di 200 metri avevamo raccolto 50 quintali di pietre, questo per dire tanta ricchezza di scheletro ma anche tanti fastidi come dimostrato dai carichi del rimorchio dopo un viaggetto nei filari.

Parlato dei terreni, vuoi parlarci della tua idea di vinificazione?

L.L.: Vorrei partire da questo aneddoto. Agli inizi della mia avventura, scherzando (ma non troppo) con il nostro collaboratore enologico dissi: “Il mio obiettivo è quello di produrre i migliori vini del mondo”

La vinificazione sia sui Nebbioli che su Erbaluce si ispira alla enologia francese. Sui rossi, cerco di mantenere la territorialità del Nebbiolo varietà “Picotener” (biotipo canavesano/valdostano) cercando di avvicinarmi ai vini i di Borgogna, utilizzando negli affinamenti e nelle maturazioni legno grande e anfora.

Stesso discorso per il mio bianco, dove personalmente vedo Hermitage e Chenin blanc come il livello da raggiungere con Erbaluce come mezzo per arrivare a qualità, cercando di conservare acidità e mineralità ma nello stesso tempo lavorare sulla struttura.

Nelle maturazioni dei vini bianchi la fà da padrone l’anfora e da quest’anno ho introdotto due tonneau di Francois Frères produttore in Cotè d’Or, di terzo passaggio, utilizzate per la produzione di Chablis.

Cerco di lavorare con tanta attenzione e conoscenza per ottenere uve con alte sostanze nutritive, molto sane e mantenendo una base di partenza qualitativamente molto elevata.

Non credo che mi sentirò mai arrivato, il focus rimarrà sempre quello di un vino con fama mondiale, al momento quello non è il mio posto ma con il lavoro e la dedizione chissà che un giorno lo diventerà.

La tua è una viticoltura biologica, puoi approfondire nel dettaglio il tuo modo di operare secondo questa modalità di lavoro?

 L.L. Opto per un sistema di qualità al fine di ottenere un frutto con potenzialità elevate e il metodo per me più adatto per ottenere un terreno fertile e con tanti nutrienti è quello biologico e biodinamico (non inteso quest’ultimo come “stregoneria”). Non credo che si possano produrre vini con qualità veramente importanti senza questo approccio lavorativo perché la pianta è un essere vivente, si autoregola, si stressa, va a cercare i nutrienti in profondità.

Noto anche che, soprattutto a causa del cambiamento climatico in atto, il biologico è davvero stretto all’angolo e viene sempre più duramente colpito. Vista la potenza di alcuni attacchi di peronospora e oidio, anche in momenti in cui non si dovrebbe avere una tale pressione, potrebbe far pensare (a malincuore) all’utilizzo consapevole di alcuni prodotti per non compromettere il raccolto, ma teniamo duro!

Parlato di lavoro in vigna, potresti raccontarci del tuo vino preferito, prodotto da te, per vari motivi come storia, curiosità o qualche avvenimento particolare?

L.L. Per una caratteristica o per l’altra sono innamorato di tutti i miei vini, ma ho a cuore più di tutti il “Maura Net” ,Canavese Nebbiolo prodotto con il Picotener. Questo sicuramente è il progetto più folle che ho seguito, reimpiantando il terreno con questo tipo di uva, per la produzione di una DOC molto ristretta.

In passato il comune di Villareggia ha avuto una storia molto importante, addirittura con prove documentate di scambi di vigneto risalenti al decimo secolo. Altre documentazioni risalgono al 1600/1700, addirittura nel 1800 il Comune di Villareggia veniva citato da Torino come “luogo da vini di lusso”.  Il motivo per aver impiantato dei vitigni in pianura è stato questo, in antichità esistevano già e ricevettero molti apprezzamenti.

Il nome “Maura Nen” è stato scelto perché i nonni locali, quando vennero a conoscenza della mia volontà di piantare “Picotener” in quella zona, dubitarono di questa mia scelta, visto che ormai non erano più abituati a coltivare Nebbiolo, dicendo che “non matura” (Maura Nen per l’appunto).

Parlando di abbinamenti, per tua esperienza, quali sono i piatti locali abbinabili ai tuoi prodotti?

 L.L.: Un piatto con cui ci siamo divertiti a trovare un abbinamento adeguato è il “Salmerino affumicato” accostato ad un crostino spalmato di burro, trovando l’Erbaluce ottimo in abbinamento. Questo bianco possiede un’ ottima mineralità e freschezza che vanno a giocare con la grassezza di questo piatto, per poi sorreggere il confronto con la sua aromaticità tipica e la persistenza gusto-aromatica.

Lo stesso vino è stato proposto in abbinamento a carni crude condite con olio di alta qualità, piatti anche più complessi, carni bianche cucinate in maniera sostanziosa. Penso che Erbaluce possa permettersi abbinamenti particolari, che di primo acchito non sceglieremmo.

Dei piatti tipici della tradizione, come il “Fritto misto alla Piemontese”, chiaramente l’abbinamento più consono è con il Nebbiolo, grazie alla sua acidità con la quale riesce a rinfrescare il palato dopo essersi gustati le “Fresse” (polpette che compongono il fritto misto).

Da non dimenticare anche il “Tajarin al Tartufo”, che con la parte burrosa è un buon alleato dell’acidità del nostro Nebbiolo.

Abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con Luca, un produttore giovane ma con tanta conoscenza e idee, che ha voluto riscoprire una terra “abbandonata” dalle uve, con l’obiettivo di raggiungere le vette della qualità con i suoi prodotti.

Il potenziale di una terra come quella del Piemonte può regalare molte soddisfazioni e consiglio di seguire Luca nel suo lavoro per osservare la crescita della qualità che caratterizzerà il prossimo futuro, visto il presente splendente.

Azienda Agricola Leggero
SEDE CANTINA
Via Amorosa s.n.c. – Villareggia (TO)
CAP: 10030 – ITALIA

CONTATTI

TEL.: +39 351 5478256
MAIL: info@lucaleggero.it
PEC: aziendaagricolaleggero@pec.it

A presto con una nuova intervista e…..Buon vino di qualità a tutti i lettori!

Articolo e intervista curati da Simone Della Torre

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